martedì, giugno 27, 2006

L'intervista integrale di: Ateneo Studenti

1) Come giudicate i risultati delle elezioni, facendo anche un confronto con quelle degli anni passati?

Trattandosi di corsi di studio, non è facile fare un paragone generale con le elezioni degli anni passati, perché la situazione è molto varia da una facoltà all'altra. Inoltre, per il carattere tutto particolare di questi consigli, molti nostri candidati partecipano unendosi a liste autonome (non collegate dunque ad Ateneo Studenti) nate direttamente nei corsi di studio, perché non ci interessa portare avanti una fazione contro le altre, ma vogliamo prima di tutto partecipare da protagonisti alla vita della nostra Università, e avere la possibilità di impegnarci per tentare di risolvere i problemi concreti dei nostri corsi di studio. D’altra parte bisogna dire che questa nostra concezione anche a quest’ultima tornata elettorale ha avuto un riscontro più che soddisfacente, documentato sia dai buoni risultati ottenuti delle numerose liste autonome a cui abbiamo collaborato, sia dalla forte crescita che Ateneo Studenti ha registrato in molti corsi di laurea, soprattutto nelle facoltà di Economia, Scienze e Ingegneria.

2) Dato che nei consigli non si dovrebbe discutere di questioni politiche, non crede che in questo tipo di elezioni una strumentalizzazione politica sia fuori luogo?

Da un certo punto di vista, il fatto che gli studenti facciano sentire la loro voce e avanzino proposte per migliorare l’università è di per sé un atto politico nel senso più alto e nobile di questo termine. Senza dubbio però questa idea è tutta un’altra cosa rispetto a una certa concezione dell’impegno per cui la rappresentanza studentesca viene intesa o come l’applicazione meccanica di un progetto ideologico (di destra o di sinistra, da questo punto di vista fa poca differenza), o peggio, come il prolungamento di un partito politico. Personalmente sono convinto che nei consigli di corso di studio (e solo in quelli) bisognerebbe abolire le liste e accettare soltanto candidature individuali. È la persona che conta, e certe volte il meccanismo delle liste mette la persona in secondo piano, favorendo così non il gusto di lavorare tutti insieme per migliorare il proprio corso di laurea, ma la contrapposizione astratta tra schieramenti. Occorre prima di tutto prendere coscienza di un obiettivo comune e del fatto che l’impegno è sempre sui problemi concreti; questo non significa annullar le diversità d’opinione degli individui coinvolti, bensì rendere molto più incisivo il lavoro della rappresentanza.

3) Alla luce dei risultati delle elezioni come valutate l’affluenza alle urne degli studenti?

Anche in questo caso è praticamente impossibile dare una risposta univoca; le situazioni sono infatti influenzate da elementi che cambiano anche fortemente da un corso all’altro, come p.e. il numero di studenti per corso di studio (si va dalle poche decine delle specialistiche, dove il quorum è raggiunto con 3-4 voti, alle migliaia di iscritti di certe lauree triennali, dove i quorum a volte sono estremamente alti). In genere però dove i problemi sono più sentiti e urgenti, e dove magari i rappresentanti riescono di più a coinvolgere i propri amici nelle classi, non si verificano quasi mai problemi di quorum. In altri corsi invece quello della mancata elezione dei rappresentanti (per quorum non raggiunto, o anche in alcuni casi per assenza di candidature) è un problema annoso. Teniamo presente in ogni caso che il quorum si raggiunge quando si reca a votare il 10% degli iscritti, e raramente questa soglia viene superata “di slancio”, dunque c’è ancora molta strada da fare, ma ritengo che una svolta possa verificasi se si afferma una concezione della partecipazione che non nasce da astratte appartenenze ideologiche, ma da rapporti reali, personali , tra amici che condividono lo studio e la vita in facoltà; quando si ha la fortuna di incontrare gente così, anche impegnarsi e andare a votare viene percepito non come una perdita di tempo, ma come una parte importante della vita in università.

4)Che potere hanno i rappresentanti eletti? Come si articola il loro compito?

I rappresentanti nei corsi di studio si occupano di alcune tra le necessità più contingenti, immediate e concrete soprattutto riguardo alla vita didattica di noi studenti. In questi consigli infatti si verifica l’equilibrio tra carico di lavoro e crediti nei programmi d’esame, nascono le proposte di modifica degli ordinamenti, si possono segnalare anomalie legate agli orari e alla distribuzione dei corsi nei semestri e si esaminano le varie pratiche studenti (particolarmente delicate sono quelle riguardanti le carriere, p.e. nei casi di passaggio da un corso di laurea ad un altro, dove diventa importante riconoscere i crediti validi all’interno del nuovo percorso in maniera non penalizzante). Su tutti questi argomenti i rappresentanti degli studenti possono intervenire e avanzare proposte; in particolare un luogo sempre molto utile è la Commissione Didattica di corso di studi, che, essendo paritetica (si equivalgono cioè il numero degli studenti e quello dei docenti), dà modo di discutere dei problemi in modo efficace e agevola la possibilità di intervento degli studenti.

5) Su quali punti si articola il vostro programma?

Come già si diceva prima, a livello dei corsi di studio le situazioni e le esigenze sono estremamente varie, per cui sarebbe impossibile darne conto dettagliatamente. Però si può dire che ci siano due linee-guida fondamentali del nostro agire a tutti i livelli della rappresentanza studentesca. La prima riguarda la qualità della didattica: per noi questo significa innanzitutto un continuo lavoro per tentare di migliorare gli assetti degli ordinamenti, poi un controllo puntuale dei programmi d’esame per verificare che tra crediti e carico di lavoro ci sia un’effettiva proporzione (e venga comunque mantenuto un livello culturale adeguato), e infine un’attenzione a che non si verifichino concentramenti eccessivi di insegnamenti fondamentali in un solo semestre, gli orari non si sovrappongano e gli appelli siano in un numero adeguato alle esigenze degli studenti. La seconda linea-guida riguarda invece la richiesta di un maggior riconoscimento del ruolo fondamentale delle associazioni studentesche, che in molti casi portano alla vita dell’Ateneo un grande contributo in termini di vitalità e di capacità di effettivo sostegno alle esigenze degli studenti (penso a iniziative di orientamento e di accoglienza matricole organizzate per l’inizio dell’anno accademico, o a certe interessantissime esperienze di gruppi di studio a Ingegneria, o agli importanti convegni sul tema della sicurezza informatica che da alcuni anni si svolgono al CNR), che però solo raramente viene davvero riconosciuto, e non tanto in termini economici (ogni anno p.e. il Consiglio degli Studenti sovvenziona le iniziative studentesche tramite un apposito bando), ma in termini di spazi di azione e di iniziativa all’interno delle Facoltà.

6) Nell’ambiente è noto l’assenteismo degli studenti eletti ai consigli dei corsi di studio che vengono indetti. Come intendete arginare e risolvere questo problema?

Comincio con una piccola polemica: a mio parere un certo tipo di assenteismo è incoraggiato proprio dal metodo delle liste, che portano a volte i rappresentanti a “nascondersi” dietro un’etichetta ideologica invece che a giocarsi la faccia in prima persona… Comunque, per quanto riguarda me e gli altri del mio gruppo, l’unico rimedio che conosciamo contro l’assenteismo è il tenere a mente che l’incarico da rappresentante non è una “poltrona” da occupare, ma è un’occasione per tentare di far sì che il corso di studi che abbiamo scelto sia all’altezza di quei desideri che hanno portato noi e i nostri amici a iscriverci. In questo modo infatti non solo il senso di responsabilità verso chi ci ha sostenuto con il suo voto cresce decisamente, ma l’impegnarsi nella rappresentanza diventa un’avventura appassionante. Allora diventa interessante non solo essere presenti ai consigli, ma anche avanzare proposte, incontrare quei docenti che si dimostrano disponibili ad un dialogo e tentare di risolvere insieme i problemi… così, col tempo le cose migliorano davvero per tutti.

7) Come siete contattabili dagli studenti? Per quali questioni si possono rivolgere a voi?

In genere gli studenti ci contattano per chiederci chiarimenti su problemi di burocrazia (verbalizzazioni esami, certificazioni, tasse, borse di studio…), oppure ci segnalano carenze e difficoltà riguardo alla didattica; a volte poi ci vengono chiesti consigli su come organizzare iniziative (incontri, riviste…) da studenti che hanno qualcosa di bello da proporre, ma non sono abituati a muoversi nella selva di uffici e segreterie dell’Ateneo. Chi ci conosce ci può trovare ovviamente nelle varie facoltà (specialmente nelle aule studio e nelle biblioteche), ma in ogni caso chiunque può scriverci all’indirizzo mail ateneostudenti@interfree.it per ogni necessità legata alla propria vita universitaria). Inoltre a Lettere e a Informatica sono attivi da qualche tempo dei blog (Lettere e Filosofia: www.listapertalettere.splinder.com Informatica: www.ateneostudenti.splinder.com ) continuamente aggiornati con le ultime notizie della facoltà, con la possibilità per tutti di inviare commenti, domande, opinioni, o anche segnalare problemi o iniziative interessanti.

8) Come ponete le questioni che vi si presentano al corpo docente?

Cercando sempre il dialogo, ma senza inutili timori reverenziali. Certo, a volte non è semplice far comprendere l’urgenza di certi problemi (un esempio classico è la questione degli appelli di esame, che una parte del corpo docente vede ancora solo come una seccatura), ma in questi anni abbiamo scoperto che sui problemi concreti ci sono diversi docenti disposti al dialogo, e abbiamo constatato che lavorare tutti insieme senza inutili contrapposizioni di principio aiuta a cambiare concretamente le cose. A livello di facoltà si potrebbe fare l’esempio degli appelli a Lettere e Filosofia, che da due anni a questa parte, grazie al lavoro di tutti i rappresentanti e della parte del corpo docente più sensibile alle esigenze degli studenti, sono passati da 6 a 8; riguardo ai corsi di studio invece è stato interessante il caso di Lettere, dove durante la protesta dei ricercatori abbiamo ottenuto che fosse attivato il corso di Letteratura Italiana I nel secondo semestre che rischiava di restare “scoperto”, agendo secondo una modalità tale per cui si è riusciti sia a non ledere il diritto di chi protestava, sia a fare in modo che gli studenti non fossero privati di un insegnamento fondamentale del primo anno di studi.

Mauro Scarabelli – Ateneo Studenti Lettere e Filosofia

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