martedì, giugno 27, 2006

L'intervista integrale di: Collettivi Studenteschi

1. Come giudicate i risultati delle elezioni, facendo anche un confronto con quelle degli anni passati?
Siamo poco abituati a “fare l'analisi” del dato elettorale in senso classico. Il ragionamento che ci muove nell'analisi del voto è piuttosto quello della partecipazione. I dati parlano chiaro: gli iscritti all'Università di Pisa sono circa 50 000, il quorum, che si raggiunge a stento ad ogni tornata elettorale, è quindi di 5000.
Esiste indubbiamente un problema democratico.
Primo, perché l'affluenza è così bassa non perché gli studenti siano stupidi, piuttosto perché è diffusa - e purtroppo corretta - l'idea che il rappresentante degli studenti conti poco.
Secondo, perché è un dato che 50000 persone non frequentano tutti i giorni le strutture dell'Università dove sono pubblicizzate le elezioni universitarie. Come sappiamo bene infatti, se tutti quelli che pagano le tasse frequentassero, l'università collasserebbe.
Terzo, non esiste adeguata informazione su cosa siano gli organi accademici e soprattutto è diffusa la percezione che la situazione sia lievemente meno tragica del reale. Quando abbiamo fatto l'inchiesta su questo tema abbiamo scoperto che moltissimi studenti, per esempio, pensano che il senato accademico contenga 100 membri quando, nella realtà, ne conta 33, di cui 11 presidi, il rettore, i prorettori e soltanto 5 studenti.
Ecco perché dobbiamo lavorare sulla partecipazione e sulla consapevolezza e non ci accontentiamo di un'università che concepisce l'interazione con la sua politica da parte degli studenti una volta ogni due anni... Cerchiamo quotidianamente di dimostrare che l'autorganizzazione e la consapevolezza sono il miglior antidoto a qualsiasi infelicità o ingiustizia dei pre-potenti. E' per quello che abbiamo una certa allergia alla poltrona ed anche a un certo modo di comunicare, come per esempio i manifesti elettoral-imperativi “VOTA QUESTO; VOTA QUELLO”, o le facce sparate in primo piano e magari un po' ritoccate che puntano sul “vota l'amico”, perché ti fa il favore.
E' innegabile che siamo cresciuti e che è importante la nostra presenza al Comitato Pari Opportunità - su cui stiamo lavorando, da soli, da un anno; tuttavia i punti percentuale, che pur non giocano a nostro sfavore, non ci interessano.
2) Dato che nei consigli non si dovrebbe discutere di questioni politiche, non credete che in questo tipo di elezioni una strumentalizzazione politica sia fuori luogo?
La politica non è una parolaccia: nel senso più vero del termine, è tutto ciò che riguarda la gestione della cosa pubblica. In questo senso partecipare alla vita dell’università è politica, e tutto ciò che avviene negli organi è politica.
Ma non solo. Secondo noi anche tutto quello che ha a che fare con la propria esistenza è politica. Ultimo esempio la fecondazione assistita o la legge sui pacs. Partecipazione, consapevolezza, condivisione è politica. Scegliere è politica, pena il qualunquismo o, peggio, la superficialità che è quello che il potere ci chiede di essere per sfinirci al rango di infelici.
Se invece intendete una strumentalizzazione partitica o di palazzo questa è certamente inaccettabile ma tutt’altro che inesistente: partiti e lobby accademiche cercano continuamente di strumentalizzare i rappresentanti degli studenti. Noi rifiutiamo questo meccanismo in ogni modo e in ogni caso. Dobbiamo però constatare che non tutti fanno altrettanto, c’è infatti chi appoggia e si appoggia a partiti o movimenti religiosi, ad esempio per ottenere spazi o per fare della politica universitaria un trampolino di lancio per fare carriera nella politica istituzionale; a volte, paradossalmente, anche a danno degli studenti (vedi aumento delle tasse, del pasto a mensa, bollette nelle case degli studenti…).
3) Alla luce dei risultati delle elezioni come valutate l'affluenza alle urne degli studenti?
Quello che abbiamo già detto. C'è un problema “democrazia” all'università, di cui la partecipazione alle elezioni universitarie è probabilmente uno dei sintomi.
E’ significativo anche che in molti corsi di studio non siano state presentate liste o candidature, nonostante i Consigli di Corso di Studio siano gli organi che avrebbero il compito di gestire in primis la didattica e i problemi quotidiani degli studenti; ed è anche significativo che l'affluenza ai seggi sia stata minore rispetto a quando si vota anche per gli organi centrali (probabilmente frutto di una visione verticista delle altre liste che non ci è mai appartenuta).
4) Che potere hanno i rappresentanti eletti? Come si articola il loro compito?
Che potere hanno realmente? Praticamente nessuno, se per potere si intende quello decisionale in senso stretto.
La rappresentanza studentesca negli organi - tra l’altro ridotta a numeri davvero esigui, non ascoltata, e anzi spesso strumentalizzata dai docenti - non permette di incidere sui processi decisionali, che sono effettivamente in mano alle varie lobbies di professori. Non avrebbe senso sperare di incidere significativamente sulle politiche dell’ateneo limitandosi ad agire solo all’interno di queste istituzioni.
E' per questo che respingiamo al mittente l'accusa che ci viene mossa da chi evidentemente pensa di “governare” facendo il rappresentante degli studenti. Da dieci anni ci candidiamo e stiamo negli organi per svolgere una funzione di controllo e informazione sulle decisioni che lì vengono prese, riportarle all’esterno, fare mobilitazioni: perché siamo studenti e vogliamo stare fra gli studenti e perché è solo dalla partecipazione che nasce la giustizia, l'elaborazione e la crescita. Questo inoltre ci sembra l'unico modo per mantenersi “puliti e corretti” ed è tutto il contrario che pensare di entrare in un organo accademico perché si è o si vuole diventare qualcuno. Secondo noi chi va in un organo universitario non è lui\lei stesso ma tutti noi studenti, precari impegnati a costruire un'altra università. Questo è il nostro vincolo di mandato che ci rende impossibile votare gli aumenti delle tasse, per esempio, e che ci fa dire che è troppo comodo tacciarci di stupidità o peggio di ideologismo. Questo è quello che pensiamo della rappresentanza.

Se invece vogliamo fare un discorso più tecnico: alle elezioni di Maggio sono stati eletti i rappresentanti dei Consigli di Corso di Studio e del Comitato Pari Opportunità.

-I primi parteciperanno ai Consigli di Corso di Studio e saranno molto pochi in proporzione ai docenti. Il loro numero varia in base al numero degli iscritti mentre i docenti ci sono tutti. Una parte di loro sarà membro della Commissione Didattica, apparentemente paritetica ma dove il voto del presidente della commissione vale doppio.

-I secondi, quelli del Comitato Pari Opportunità, o meglio quelle più uno (perché per la lingua italiana c'è una maggioranza ed è sempre maschile...) andranno alle riunioni di questo comitato - che ancora, dopo vari anni dalla sua nascita, non si riunisce nemmeno con cadenza regolare - il cui compito sarebbe quello di strutturare reti di vario genere che garantiscano le pari opportunità nell'accesso ai diritti, cosa che non avviene. Per lavorare con noi su questo tema ci trovate tutti i giovedì alle 17.30 in AM1, palazzina rossa davanti alle segreterie in via buonarroti 1 oppure inchiestatoio@collettivi.org.
5) Su quali punti si articola il vostro programma?
Non è possibile ovviamente esprimere tutto in poche righe, ma in breve… Noi vogliamo e cerchiamo ogni giorno di costruire un’università pubblica, libera dall'ingerenza dei privati, che promuova un sapere critico e non unicamente professionalizzante; partecipata nei momenti decisionali; senza numeri chiusi, test di accesso e debiti formativi; senza esternalizzazioni e precarietà lavorativa; senza brevetti e copyright, in cui invece si promuova l’uso di licenze libere;
un’università che promuova l'utilizzo libero e creativo degli spazi sociali e di produzione di cultura altra; che incentivi corsi, seminari, laboratori cogestiti e autogestiti fra docenti e studenti; che crei nuove strutture come aule, biblioteche, aule studio e aule multimediali;
un’università in cui non ci siano tasse, perché a carico della fiscalità generale a cui ognuno contribuisca in base al reddito; in cui il diritto allo studio sia realmente un diritto, come peraltro sancito dalla Costituzione, e non sia considerato un servizio a pagamento;
un’università che promuova le pari opportunità, non tanto legittimando le presunte categorie “diverse”, quanto decostruendo l’idea stessa di normalità, svelandone l’inconsistenza, perché nessuno è normale e nessuno è diverso;
un’università che costruisca saperi di pace, condivisi e realmente spendibili per il progresso di tutta l’umanità; che non collabori a progetti di ricerca in campo bellico e alla formazione di personale militare;
un’università che promuova il diritto di cittadinanza in tutti i sensi, da quello dei migranti fino a quello degli studenti fuori sede a cui vorremmo fossero estesi i diritti di cittadinanza di tutti gli altri cittadini. Da tre anni, autorganizzandoci ed autofinanziandoci completamente, lavoriamo sul voto ai fuori sede per i referendum. L'ultima volta al referendum sulla P.M.A. sono stati 1500 gli studenti che sono passati dall'AM1 per reclamare quel diritto di cittadinanza. Anche quest'anno stiamo lavorando in difesa della Costituzione. Per partecipare o votare a Pisa: Referendum@collettivi.org.
6) Nell'ambiente è noto l'assenteismo degli studenti eletti ai consigli dei corsi di studio che vengono indetti. Come intendete arginare e risolvere questo problema?
Come detto sopra, noi crediamo che partecipare agli organi accademici, sebbene non sia decisivo, abbia una sua importanza (altrimenti non ci candideremmo) e quindi riteniamo giusto e utile partecipare a tutte le riunioni, soprattutto quelle delle Commissioni Didattiche, che essendo paritetiche offrono maggiori possibilità di incidere sulle decisioni.
La questione dell’assenteismo è probabilmente dovuta in parte alla scarsa consapevolezza che hanno gli eletti in liste che si professano “gruppi di amici” o robe del genere, in parte a un meccanismo più profondo che è lo specchio del disinteresse generalizzato da ascrivere a quel problema di partecipazione e democrazia che dicevamo prima.
Anche se il problema ci riguarda marginalmente, occorrerebbe comunque interrogarsi sulla reale capacità di intervento di noi studenti e poi sulla questione delle assenze, probabilmente risolvere la prima questione significa risolvere anche la seconda.
Teniamo però a sottolineare che l'assenteismo degli studenti non è maggiore di quello dei docenti, ma che questi ultimi tendono ad alimentare certi luoghi comuni per essere autorizzati a diminuire ancor più la rappresentanza studentesca, delegittimandola e facendola apparire inutile.
7) Come siete contattabili dagli studenti? Per quali questioni si possono rivolgere a voi?
Il Coordinamento dei Collettivi si riunisce ogni lunedì sera alle 21.30 in AM1, palazzina rossa davanti a Matematica, mentre ogni Collettivo di facoltà ha un proprio orario e luogo di riunione, che potete trovare su www.collettivi.org. Siamo comunque sempre presenti nelle facoltà che anche noi viviamo in quanto studenti: gli altri studenti ci incontrano e ci fermano a lezione, nei corridoi, nelle aule studio, alle feste senza bisogno di occasioni particolari. Per contattarci via mail: contatti@collettivi.org.
Per quanto riguarda la seconda domanda non pensiamo che ci siano questioni o argomenti che si possano escludere a priori... ogni esigenza che viene avvertita come tale è importante. Noi non ci consideriamo una “lista studentesca”, ma piuttosto uno spazio di discussione, elaborazione e condivisione di nuovi pensieri e nuove pratiche. Per questo diciamo che le nostre assemblee sono aperte a chiunque voglia partecipare. All'interno delle assemblee tutti possono parlare e partecipare alle discussioni e alle decisioni. Il metodo con cui arriviamo a prendere le decisioni è la discussione e non il voto. Quest'ultimo infatti presupporrebbe una logica di appartenenza che non condividiamo ed una eccessiva sintesi, nonché l'invito a nozze a certi partitari troppo abituati a colpi di corrente e leadership.
Ci occupiamo di: didattica, case, no copyright, diritti di cittadinanza, saperi, antiproibizionismo...e tutto quello di cui sopra (vedi domanda 5).
Siamo una struttura di base e come tale tendiamo ad affrontare le questioni nei loro risvolti più reali, per questo studiamo sempre dettagliatamente tutto ciò che succede negli organi accademici: è importante informare e prevederne le ricadute per essere in grado di reagire in tempo. E' il fatto che non siamo definiti come struttura (come lo sono invece un partito od altre forme organizzative) che ci permette di non essere colti da demenza istituzionale o peggio dalla subordinazione a logiche di potere (a volte anche interne..) . E' per questo che invitiamo tutti e tutte quelli che ne abbiano voglia a partecipare alle nostre discussioni o a collaborare\criticare sempre e comunque.
8) Come ponete le questioni che vi si presentano al corpo docente?
Sia all’interno degli organi che partecipando ai momenti di mobilitazione, portiamo alla loro attenzione le questioni che riteniamo importanti e irrinunciabili.
Non cerchiamo di ottenere condiscendenza o di strappare favori, ma semplicemente di riprenderci come studenti ciò che è nostro diritto e che troppo spesso ci viene negato. Chi si vende o si subordina non solo, come ampiamente dimostrato, non ottiene niente nell'immediato se non di essere strumentalizzato, ma arreca il peggior danno che potrebbe fare a tutta la collettività studentesca. Cioè la perdita della dignità.
E' a causa di queste che chiamiamo clementemente “collateralità” con il potere che tutt'oggi la macchina dell'allargamento della partecipazione, come cerchio che si allarga e non si chiude, va lentissima. Per questi comportamenti abbiamo avuto un aumento vertiginoso delle tasse che nei fatti crea sbarramento al sapere oppure stringe il ricatto della precarietà dello studente lavoratore in nero o spesso infelicemente mantenuto. Per questo motivo vengono lesi tutt'oggi i minimi diritti ci tolgono gli appelli, ci guardano ancora i libretti per decidere il voto, ci fanno lavorare senza essere pagati per fini didattici e senza sindacalizzazione negli stages e nei tirocini negli ospedali, ci strozzinano per l'affitto di casa. Per questi motivi guardiamo con diffidenza a chi “sacrifica” la propria vita alla rappresentanza ed al carrierismo e si piega stupidamente al potere. Non ci interessano studenti dei collettivi, soltanto un collettivo inteso come comunità studentesca tutta, libera, felice e consapevole. Per questo la nostra relazione col corpo docente è stata puramente incentrata su determinati saperi quando ce n'è stata l'occasione (vedi l'esperienza di Facoltà Migrante a cui abbiamo partecipato) o sul confronto pubblico e onesto qualora il corpo docente l'abbia accettato. Gli accordi nelle stanze del potere con effetti collaterali sugli studenti non appartengono alla nostra storia. Per questo, per esempio, non abbiamo rettori amici e non crediamo che gli scambi di voto fatti da altre realtà in questi anni abbiano portato conseguenze positive su nessuno.

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